Gli ammortizzatori sociali sono un complesso di misure e prestazioni a sostegno del reddito dei lavoratori che si trovano nella condizione di disoccupati o sospesi dal lavoro.
Quando si perde il lavoro
A Partire dal 1° maggio 2014, le norme sulla tutela contro la disoccupazione involontaria hanno subito un riordino complessivo, con un potenziale ampliamento della platea dei beneficiari, ma con una penalizzazione degli importi rispetto a quelli dei precedenti ammortizzatori sociali. Infatti, è prevista una riduzione progressiva del 3% mensile delle indennità a partire dal quarto mese di percezione. Le nuove misure sono contenute nel decreto legislativo del 4 marzo 2015, pubblicato sulla gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo, in attuazione della legge delega n. 183/2014, con la quale il Governo ha riordinato il mercato del lavoro nel suo complesso.
Il d.lgs, insieme a quello riguardante il “contratto a tutele crescenti”, è uno dei primi atti di questo disegno di riforma complessivo, duramente contestato dalla Cgil, perché il Governo, anziché procedere verso la stabilizzazione del lavoro, amplifica le divisioni esistenti , tra chi è precario e chi invece continuerà ad avere le vecchie tutele, senza ridurre le tante tipologie di contratti atipici, dietro cui si nasconde un esercito infinito di precari, nonostante le dichiarate intenzioni di volerle eliminare, a cominciare dai co.co.co, co.co.pro. e le false partite Iva.
Nel decreto legislativo sugli ammortizzatori sociali sono previsti:
- la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego): rivolta alla generalità dei lavoratori (esclusi i dipendenti pubblici e gli agricoli) che, a partire dal 1° maggio, ha inglobato l’ASpI e la mini ASpI, introdotte dalla legge di riforma del mercato del lavoro (n.92/2012);
- la DIS-COLL, per le collaborazioni coordinate, continuative e a progetto che sostituisce la vecchia “una tantum” .
Oltre ad una penalizzazione generalizzata degli importi delle prestazioni, il nuovo provvedimento interviene pesantemente sull’istituto della contribuzione figurativa (quella di cui si fa carico lo Stato, in determinate circostanze, senza l’obbligo dei versamenti contributivi da parte del lavoratore/trice) prevedendo un tetto massimo, che comporta conseguenze negative rispetto alla misura e al raggiungimento dei requisiti pensionistici di ogni lavoratore/trice.
Nel tentativo di conciliare le politiche attive e passive per il lavoro, il nuovo sistema di tutela contro la disoccupazione involontaria subordina il riconoscimento della prestazione (pena la decadenza dal diritto) alla disponibilità effettiva del lavoratore/trice a partecipare a percorsi di formazione, riqualificazione e orientamento finalizzati alla ricerca di nuova occupazione. Una scelta teoricamente giusta, che mal si concilia però con le scarse opportunità di nuova occupazione e con l’assenza di progetti reali per il reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro.